Accesso agli atti dei Servizi Demografici

Ultima modifica 22 agosto 2023

Le tipologie di accesso ad atti e documenti

L’accesso “generalizzato”

Il rinnovato art. 5, c. 2, D.Lgs. n. 33/2013, regola la nuova forma di accesso civico cd. “generalizzato”, caratterizzato dallo “scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”.

A tali fini è quindi disposto che “chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione”.

L’accesso generalizzato è dunque autonomo ed indipendente da presupposti obblighi di pubblicazione (al quale è funzionalmente riconducibile l’accesso civico “semplice”) incontrando, quali unici limiti, da una parte il rispetto della tutela degli interessi pubblici e/o privati indicati all’art. 5-bis, commi 1 e 2, e, dall’altra il rispetto delle norme che prevedono specifiche esclusioni come previsto dall’art. 5-bis, c. 3.

Con il nuovo decreto viene così introdotto nel nostro ordinamento un meccanismo analogo al sistema anglosassone che consente ai cittadini di richiedere anche dati e documenti che le pubbliche amministrazioni non hanno l’obbligo di pubblicare.

Si sottolinea come l’esercizio del diritto non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente.

L’accesso civico “semplice”

L’accesso civico regolato dal primo comma dell’art. 5 del decreto trasparenza (cd. “semplice”), è correlato ai soli atti ed informazioni oggetto di obblighi di pubblicazione, comportando il diritto di chiunque di richiedere i medesimi nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione.

Costituisce, in buona sostanza, un rimedio alla mancata osservanza degli obblighi di pubblicazione imposti dalla legge alla PA interessata, esperibile da chiunque (l’istante non deve dimostrare di essere titolare di un interesse diretto, concreto e attuale collegato alla tutela di una situazione giuridica qualificata).

L’accesso documentale

Le due forme di accesso civico regolate dal c.d. decreto trasparenza hanno natura, presupposti ed oggetto differenti dal diritto di accesso di cui agli artt. 22 e seguenti, legge n. 241/1990 (cd. “accesso documentale”).

La finalità dell’accesso documentale è quella di porre i soggetti interessati in grado di esercitare al meglio le facoltà che l'ordinamento attribuisce loro, a tutela delle posizioni giuridiche qualificate di cui sono titolari. Il richiedente deve infatti dimostrare di essere titolare di un “interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso”; in funzione di tale interesse la domanda di accesso deve essere opportunamente motivata. La legittimazione all’accesso ai documenti amministrativi va così riconosciuta a chiunque può dimostrare che gli atti oggetto della domanda di ostensione hanno spiegato o sono idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei propri confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica.

Pertanto l’accesso agli atti di cui alla l. 241/1990 continua certamente a sussistere, ma parallelamente all’accesso civico (generalizzato e non), operando sulla base di norme e presupposti diversi. Tenere distinte le due fattispecie è essenziale per calibrare i diversi interessi in gioco allorché si renda necessario un bilanciamento caso per caso tra tali interessi. Tale bilanciamento è, infatti, ben diverso nel caso dell’accesso documentale dove la tutela può consentire un accesso più in profondità e, nel caso dell’accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità (se del caso, in relazione all’operatività dei limiti) ma più esteso, avendo presente che l’accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità (e diffusione) di dati, documenti e informazioni.”

Esclusioni dall'accesso generalizzato: i servizi demografici

Il d.Lgs.33/2013, all'art.5-bis, prevede l'esclusione dall'accesso generalizzato i dati e documenti il cui accesso è subordinato dalla "disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti", come nel caso della disciplina sugli atti di stato civile e quella sulle informazioni contenute nell'anagrafe della popolazione. Inoltre, sempre lo stesso articolo, prevede che l'accesso generalizzato debba essere rifiutato laddove possa recare un pregiudizio concreto alla "protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia".

Pertanto richieste di accesso generalizzato ai dati gestiti e trattati da questo Servizio, essendo per la maggior parte relativi a dati personali, saranno oggetto di attenta analisi, al fine della valutazione se la conoscenza da parte di chiunque del dato personale richiesto, possa arrecare un pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali.

I dati relativi alla salute e all'appartenneza razziale o religiosa (contenuti in atti anagrafici non più correnti ma che hanno un valore storico), sono esclusi da ogni tipo di certificazione o consultazione, ad eccezione di richiesta da parte dell'autorità giudiziaria.

La modalità ordinaria di accesso a dati a documenti dei Servizi Demografici, è da ritenersi quella "documentale", per i quali: "in caso di domanda di accesso ai documenti amministrativi il soggetto richiedente deve specificare il nesso che lega il documento richiesto alla propria posizione soggettiva, ritenuta meritevole di tutela; detta domanda deve, inoltre, indicare i presupposti di fatto idonei a rendere percettibile l'interesse specifico, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento “ (Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 22.06.2012 n° 3683, art. 22, co. 1, lett. B), L. 7 agosto 1990, n. 241.).

La tutela di posizioni giuridicamente tutelate non può che avvenire se non in sede giudiziale.

L'interessato ha diritto di essere informato sull'esistenza di trattamenti che lo riguardano e richiederne la correzione se non corrispondono a verità.

Decorsi inutilmente 30 giorni dalla richiesta di accesso, questa si intende respinta.

Anagrafe ed Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero (A.I.R.E.)

E' vietato alle persone estranee all'Ufficio Anagrafe l'accesso all'Ufficio stesso e alla consultazione diretta degli atti anagrafici. Sono esclusi dal divieto gli incaricati dall'autorità giudiziaria e gli appartenenti alle forze dell'ordine, o coloro che abbiano avuto apposita autorizzazione dal Prefetto (art.37 del d.P.R. n. 223/1989).

L'art.33 del Regolamento anagrafico prescrive altresì che l'ufficiale di anagrafe rilasci a chiunque ne faccia richiesta, fatte salve le limitazioni di legge, i certificati concernenti la residenza e lo stato di famiglia correnti (quelli storici sono invece soggetti alle norme sull'accesso documentale); inoltre possono essere rilasciati certificati o attestazioni relative a: stato libero, esistenza in vita, iscrizione nelle liste elettorali, cittadinanza.

L'accesso agli atti dell'Anagrafe è altresì regolata dalle norme generali sull'accesso agli atti amministrativi (accesso documentale) e sulla privacy, e si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi, nei modi e con i limiti previsti dalla norma. L'esame dei documenti è gratuito, mentre il rilascio di copia o attestazione è subordinato al rimborso del costo di produzione, all'imposta di bollo, diritti di ricerca e visura. La richiesta di accesso deve essere motivata.

Stato Civile

Divieto di consultazione diretta dei registri

Non è consentita la consultazione diretta dei registri da parte di soggetti diversi dall’ufficiale di stato civile (Sentenza del Consiglio di Stato n. 99 del 23/01/1998).

In nessun caso, mai, si può ammettere l'accesso diretto di chiunque (anche se personalmente interessato alla consultazione o interessato per ragioni di studio a ricerche storiche, statistiche, epidemiologiche) ai registri dello stato civile; l'art. 450 del codice civile, di carattere generale, è esplicito al riguardo e nessuna norma successiva, di carattere speciale, lo ha derogato. Altre ragioni, come è stato detto, si rinvengono nella necessità di evitare danni o indebite aggiunte o annotazioni su quei registri, di cui l'ufficiale di stato civile è il solo custode, e nella necessità di evitare che chi li consulti estenda illegittimamente la sua indagine ad atti rilegati nello stesso registro, relativi a persone diverse da quelle per le quali la richiesta di visura é stata fatta (Massimario ministeriale per l'Ufficiale di Stato civile - anno 2012).

Pubblicità degli archivi di stato civile

Art. 450 Codice Civile - Pubblicità dei registri dello stato civile "Gli ufficiali dello stato civile devono rilasciare gli estratti e i certificati che vengono loro domandati con le indicazioni dalla legge prescritte. Essi devono altresì compiere negli atti affidati alla loro custodia le indagini domandate dai privati."

Il legislatore con questa disposizione ha inteso costituire un archivio particolare, affidato a tempo indeterminato alla custodia dell’Ufficio di Stato Civile, sottraendolo alla disciplina degli archivi storici e degli Archivi di Stato.

La funzione pubblica della registrazione consiste nel certificare l'esistenza dei fatti rappresentati ai fini probatori, ed inoltre nel documentarli ufficialmente per la pubblicità dichiarativa nei confronti dei terzi (affinchè vi sia, quindi, la conoscibilità legale) che possono, in tal modo, prenderne visione presso gli uffici competenti.

Il d.P.R. 1409/1963 (Legge archivistica) prevede un regime di consultabilità generale per i documenti anteriori all’ultimo settantennio.

La soprintendenza archivistica dell’Emilia Romagna ha posto un quesito all’Ispettorato Centrale Servizi Archivistici del Ministero dell’Interno, il quale, in data 30/10/1996, ha risposto che la consultabilità degli atti di stato civile e anagrafe trova una specifica regolamentazione nell’ordinamento di stato civile e nel regolamento anagrafico. Ne consegue che tali atti sono soggetti ad una secretazione “perenne”.

L’art. 177, comma 3, del d.Lgs. 196/2003 che aveva introdotto la possibilità di rilasciare le copie integrali degli atti dello stato civile, decorsi settant'anni dalla loro formazione, è stato abrogato dall’ art. 27, comma 1, lett. c), n. 3), d.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101.

Il Ministero dell'Interno, con circolare n.66 del 5/05/2023, ha inoltre ribadito che l'impossibilità di consultare in modo diretto i registri di stato civile, compreso il rilascio di copia degli stessi, riguarda anche gli indici annuali e decennali dei registri.

Rilascio di copie integrali degli atti di stato civile

L’istanza di rilascio della copia integrale degli atti di stato civile deve essere motivata sulla base di quanto previsto dall'art.107 del d.P.R. 396/2000: "Gli estratti degli atti dello stato civile possono essere rilasciati dall'ufficiale dello stato civile per copia integrale soltanto quando ne è fatta espressa richiesta da chi vi ha interesse e il rilascio non è vietato dalla legge".

Per "interesse" è da intendersi quello definito dall'art.22, c.1, lett. b), della L. n.241/1990:
"Art.22. Definizioni e principi in materia di accesso.
Ai fini del presente capo si intende:
b) per interessati, tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso".

Pertanto gli estratti per copia integrale possono essere rilasciati solamente a condizione che venga presentata motivata istanza comprovante l'interesse personale e concreto del richiedente a fini di tutela di una situazione giuridicamente rilevante.

L'interesse della persona che richiede la copia integrale non deve consistere necessariamente in un diritto soggettivo o in un interesse legittimo; deve però essere un interesse "giuridicamente tutelato", ovvero non deve trattarsi di un generico ed indistinto interesse, e deve sussistere un rapporto di strumentalità tra tale interesse e l'informazione che si intende acquisire. Secondo un costante e indiscusso orientamento della giurisprudenza amministrativa in materia di diritto di accesso ai documenti amministrativi, la nozione di diritto di accesso deve essere intesa "alla cura di un interesse diretto, concreto, attuale e non meramente emulativo o potenziale, connesso alla disponibilità dell'atto o del documento del quale si richiede l'accesso, non imponendosi che l'accesso al documento sia unicamente e necessariamente strumentale all'esercizio del diritto di difesa in giudizio, ma ... in termini di utilità per la difesa di un interesse giuridicamente rilevante" (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n.1978/2016, sez. VI, sentenza 2269/2017, e sez. IV, sentenza n.4209/2014).

Tali limiti al rilascio della copia integrale, sussistono anche nei confronti della persona a cui l'atto si riferisce, a quello dei minori nei confronti dei genitori o tutore, o a quelli dei parenti più diretti nel caso in cui l'interessato fosse deceduto.

I dati raccolti e trattati nei registri dello stato civile appartengono ad una particolare categoria di dati personali il cui trattamento è necessario per motivi di interesse pubblico rilevante (art. 2-sexies d.lgs 30 giugno 2003, n.196).
Il considerandum (73) al GDPR sulla Privacy dà delle indicazioni sulla portata dell’accesso dei cittadini a questa particolarità di dati. Infatti specifica che “”il diritto dell'Unione o degli Stati membri può imporre limitazioni a specifici principi e ai diritti di informazione, accesso, rettifica e cancellazione di dati, al diritto alla portabilità dei dati, al diritto di opporsi, alle decisioni basate sulla profilazione, nonché alla comunicazione di una violazione di dati personali all'interessato e ad alcuni obblighi connessi in capo ai titolari del trattamento, ove ciò sia necessario e proporzionato in una società democratica per la salvaguardia della sicurezza pubblica, ivi comprese la tutela della vita umana, in particolare [...], per la tutela di altri importanti obiettivi di interesse pubblico generale dell'Unione o di uno Stato membro, tra cui un interesse economico o finanziario rilevante dell'Unione o di uno Stato membro, per la tenuta di registri pubblici per ragioni di interesse pubblico generale [...]”. Tale importante limitazione è poi riportata all’art. 23 del Regolamento.
Nell’ordinamento italiano la disciplina dell’accesso ai dati raccolti nella forma di documenti amministrativi, come appunto sono gli atti di stato civile, è disciplinata dall’art. 59 del d.lgs 196/2000 che richiama, in via generale, la disciplina della legge n. 241/1990 e nonché altre disposizioni in materia, tra cui vanno annoverate le normative che costituiscono diritto speciale, come la disciplina anagrafica e quella di stato civile.

Nel caso dello stato civile, le modalità di accesso all’atto nella sua interezza, cioè per copia integrale, è subordinato alla sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante.
La riservatezza dell’atto e, talvolta, la sua secretazione appaiono dunque legittimi ai sensi del GDPR in quanto ricompongono un equilibrio tra interessi pubblici e di terze persone che giustificano la tutela di beni giuridici ulteriori e altrettanto meritevoli di tutela, secondo dei criteri di individuazione dell’ordinamento italiano. Si pensi ad esempio all’indicazione della maternità e della paternità, espressamente vietato dalla legge 31 ottobre 1955, n. 1064 e d.P.R. 2 maggio 1957, n. 432 o nei casi in cui vi sia adozione legittimante. Inoltre vi sono ulteriori dati, come le annotazioni non certificabili che assolvono anche funzioni di interesse pubblico e la cui rilevazione, anche all’interessato, si giustifica solo sulla base di un interesse qualificato.

D’altra parte i diritti dell’interessato trovano le stesse legittime limitazioni, non solo in riferimento alla piena conoscenza dell'atto di stato civile, ma anche in relazione al diritto di rettifica, correzione e cancellazione. Infatti gli art. 16 e ss. del GDPR, non trovano un'applicazione puntuale ma sono soggetti ai limiti della normativa speciale: non è possibile ad esempio correggere, modificare o cancellare un dato contenuto in un atto di stato civile se non nelle forme previste degli art. 95 e 97 d.P.R. n. 396/2000.

In conclusione l’interessato potrà accedere ai propri dati nelle forme di cui all'artt. 106, 107 e 108 del d.P.R., fermo restando che potranno essere richieste, esclusivamente con la mediazione dell’ufficiale dello stato civile “le indagini domandate dai privati” (art. 450 c.c.).

La richiesta deve contenere le generalità della persona della quale si richiede la copia integrale, almeno il nome e cognome e l'anno di nascita o di matrimonio o di morte per consentire l'individuazione nell'indice del corrispondente registro: in mancanza di tali dati, la richieste potrà essere respinta per insufficienza di notizie necessarie per l'individuazione dell'atto all'interno del registro.

Ai sensi dello stesso art.7 del d.P.R. n. 396/2000 l’ufficiale di stato civile che rifiuta il compimento di un atto ovvero il rilascio di un estratto deve motivare per iscritto tale negazione e avverso tale diniego l'interessato potrà ricorrere al tribunale ordinario; il giudice valutati gli interessi contrapposti e meritevoli di tutela potrà ordinare all'ufficiale di stato civile di procedere comunque alla certificazione.

Ai fini della tutela del cosiddetto "diritto di visura" (vedi oltre su questa pagina), è possibile, previa richiesta da parte del diretto interessato di accesso ai propri dati ai sensi dell'art.15 del Regolamento UE 2016/679 del 27/04/2016, il rilascio di una copia semplice dell'atto di stato civile del richiedente, dal quale saranno omessi tutti i dati riguardanti altre persone eventualmente contenuti nell'atto medesimo (dati relativi all'ufficiale di stato civile, testimoni, ecc.).

Elettorale, Leva, Polizia Mortuaria, Ufficio Cimiteriale, Anagrafe degli Animali d'Affezione, Giudici Popolari

L'accesso agli atti per tali attività è regolato dalle norme generali sull'accesso agli atti amministrativi e sulla privacy. 

La richiesta di dati per la ricerca scientifica, storica, statistica

Il Regolamento (UE) 679/2016, riguardante il trattamento dei dati personali, nonché la sua implementazione nella normativa italiana attraverso il d.Lgs 101/2018, che ha profondamente modificato il precedente d.Lgs 196/2003, danno ampio spazio alla ricerca scientifica. Non vi è – a priori - nessuna preclusione normativa che impedisca ad un comune cittadino di accedere agli stessi dati dell’ISTAT o di qualche altro grande Ente pubblico.

Per contro, però, non è sufficiente auto definirsi “ricercatore” per vedersi aprire ogni banca dati: occorre preparare un progetto di ricerca, motivare la richiesta spiegando le ragioni per cui gli stessi risultati non possono essere raggiunti attraverso dati anonimi e aggregati, avere il placet del Garante; un procedimento complesso, al termine del quale si potrebbe ottenere tutti quei dati che sono stati autorizzati con finalità di ricerca, analogamente a quanto avviene col piano statistico nazionale, ma senza i quali non é possibile ottenere nessun dato.

I dati anonimi e aggregati

Dati anonimi e aggregati possono sempre essere rilasciati senza limitazioni, sia per finalità di ricerca che per finalità commerciale, con le seguenti limitazioni:

  • Il diritto di accesso riguarda documenti/informazioni che esistono o che devono esistere per legge, o che sono ricavabili facilmente con la normale diligenza degli uffici. Non si può pretendere che un ufficiale d’anagrafe o di stato civile esplori tutto l’archivio cartaceo per estrarre una tipologia di dato, che si metta a fare elaborazioni statistiche complesse e non previste, che si inventi documenti diversi a seconda delle
    fantasie dei richiedenti. Se si tratta di richieste ragionevoli e giustificate, si potrà procedere, anche con piccole elaborazioni disponibili nel programma di gestione informatica, diversamente si opporrà un legittimo
    diniego.
  • I dati devono essere realmente anonimi, ovvero non si potrà procedere a soddisfare la richiesta se i dati richiesti sono tali da consentire l'individuazione di singole persone.

Il diritto di visura

L'art.15 del Regolamento UE 2016/679 del 27/04/2016 prevede la possibilità da parte dei diretti interessati, dei diritti previsti dal Regolamento stesso in materia di protezione dei dati personali, in particolare la possibilità di richiedere e ottenere gratuitamente, l'accesso ai dati, la loro rettifica e cancellazione e per esercitare il diritto di opposizione.
Tale diritto è comunemente chiamato "diritto di visura", e consiste nella possibilità da parte dell'interessato di prendere visione o di ottenere copia dei propri dati personali trattati da una pubblica amministraizone.

In ambito anagrafico tale diritto è stato ulteriormente regolato dall'art.35, c.5, del d.P.R. n.223/1989, con il quale è stato riconosciuto il diritto dell'interessato ad accedere ai propri dati registrati nell'ANagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR).

Il diritto di visura può comunque essere esercitato su qualsiasi altro dato personale conservato dalla P.A., purchè:

  • sia richiesto e rilasciato esclusivamente all'interessato (o se minorenne alle persone che ne esercitano la responsbilità genitoriale o la tutela);
  • i dati rilasciati si riferiscano esclusivamente a quelli dell'interessato.

Inoltre la visura, se rilasciata in forma scritta:

  • non può essere sottoscritta da un pubblico ufficiale;
  • non ha valore di certificazione (pertanto non può averfe alcun effetto nei confronti di terzi);
  • non è soggetta a costi.

Pertanto l'utilità della visura è limitata:

  • alla corretta compilazione dell'autocertificazione;
  • per consentire al richiedente la correzione delle informazioni eventualmente inesatte.

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